Antonio De Luca / Ofir

Antonio De Luca

Sono un pittore. Mi piace definirmi pittore, anche se in realtà uso diversi materiali come la carta o  la ceramica. Quello che mi interessa nel mio lavoro è quello che non si vede, quello che non c’è. Spesso lascio delle parti incompiute, non faccio gli occhi delle figure…voglio che il fruitore completi l’opera nella sua mente così da potersi proiettare all’interno. Un altro aspetto ricorrente nei miei lavori è la‘fuoriuscita’. Dopo che ho avuto il privilegio di fare una mostra in uno degli studi di Lucio Fontana ho capito che il concetto di ‘uscire dalla tela’ mi affascinava. Creo ‘espansioni’, piccole parti dell’opera, di solito in ceramica, che si espandono all’esterno dalla tela, degli ‘accenti’, come mi piace chiamarli, che trasformano il quadro in una vera e propria installazione che si appropria dello spazio esterno. Anche questo si collega alla mia poetica di ‘ciò che non c’è, che è fuori o che forse non si vede’.

Il titolo della mostra Fragile Bellezza mi ha subito catturato. Tutte e due le parole si ritrovano nel mio lavoro. La fragilità è proprio lì, nella precarietà dell’immagine, questo lavoro che c’è ma che è sospeso, non ha mai un luogo, quasi come se fosse uno schizzo. La bellezza invece ritengo faccia parte del mio DNA, la continua ricerca dell’equilibrio e dell’armonia all’interno dell’opera.

Questi aspetti del mio pensiero li ho messi a fuoco di recente, dopo un viaggio a Pompei, la mia città d’origine. Visitare gli scavi, dopo tanto tempo, mi ha permesso di comprendere le radici profonde della mia visione poetica che si collega alla fragilità di quegli affreschi decomposti dal tempo che per me rappresentano il presente.

Ho capito che la collaborazione con Ofir sarebbe stata possibile dopo aver conosciuto Manuel e Claudia con i quali condivido la passione per la storia, per le monete, per il reperto. C’è stata fin da subito una grande sinergia e dopo un paio di incontri abbiamo trovato la direzione. Ho presentato due progetti che avevano la stessa radice e ne abbiamo scelto uno. Siamo partiti da un mio schizzo, da una mia idea, che poi abbiamo adattato all’oreficeria.

Sono due anelli, con due figure femminili che si guardano, una bianca e una nera, una tematica quest’ultima che ho già affrontato in altri lavori e che fa riferimento alle luci e alle ombre che ognuno di noi ha dentro di se’. Ho realizzato le due figure personalmente utilizzando un mio materiale, la ceramica, e la tecnica della scultura in scala ridotta. Insieme abbiamo poi definito la parte di gambo che inizialmente era più scarna, ma che su consiglio di Manuel è stata successivamente realizzata con diversi materiali, argento e bronzo.

La scelta di raffigurare una donna non è casuale il legame tra la donna e il gioiello è un filo continuo, quindi portare la donna nel gioiello è un modo di chiudere il cerchio; inoltre la donna nella sua sinuosità, nella sua bellezza, nella sua umanità è uno dei soggetti che preferisco. Così le due figure qui rappresentate hanno fattezze antiche, ma sono donne comuni. Sono ciò che amo definire ‘reperti contemporanei’.

Claudia Scognamiglio

L’azienda Ofir fondata da Alberto Vaccari è una realtà famigliare e il risultato di un’importante operazione culturale. Alberto Vaccari si era formato a Parigi dove si era trasferito a soli diciassette anni. Al ritorno in Italia egli portò con se’ un grande bagaglio di conoscenze legate al mondo della gioielleria eseguita a mano, una linea che noi, i suoi eredi [Ndr: l’azienda oggi è retta dal figlio Manuel e dalla moglie Claudia], ancora oggi teniamo viva costruendo i gioielli ancora in questo modo, artigianalmente, con un design nostro che si ispira all’antichità, in particolare alle monete greche e romane che rileggiamo in chiave contemporanea.

Opera

Lights and shadows of a woman
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Artista

Antonio De Luca
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